Come parlare della guerra ai bambini?

Un approccio per affrontare con bambini e adolescenti la delicata conversazione sulla guerra senza mettere a rischio il loro benessere psico-fisico. Ne parliamo con Sabrina Suma, psicologa clinica e psicoterapeuta a Dubai.

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Le notizie, le storie e le immagini trasmesse dai media e dal web del conflitto russo-ucraino potrebbero suscitare nei bambini e negli adolescenti sentimenti di preoccupazione, ansia, stress e paura. 

In questo momento storico così delicato è molto importante il ruolo dei genitori per evitare che i bambini e gli adolescenti si sentano disorientati e impauriti mettendo a rischio il loro benessere psico-fisico. 

A tal proposito, gli esperti di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che opera in Ucraina dal 2014 fornendo aiuti umanitari essenziali ai bambini e alle loro famiglie, hanno stilato un vademecum di 5 punti che genitori e caregiver possono utilizzare con i bambini per affrontare la delicata conversazione sulla guerra.

Vademecum Save the Children

1. Trova il tempo di ascoltare tuo figlio quando vuole parlare

Dai ai bambini lo spazio per dirti quello che sanno, come si sentono e per farti domande. Potrebbero avere un quadro della situazione completamente diverso da quello che hai tu. Prenditi il tempo per ascoltare ciò che pensano e ciò che hanno visto o sentito.

2. Adatta la conversazione al bambino

Sii consapevole dell’età del bambino o della bambina mentre ti approcci alla conversazione con lui/lei. I bambini piccoli potrebbero non capire cosa significhi conflitto o guerra e potrebbero aver bisogno di una spiegazione adeguata all’età. Fai attenzione a non spiegare eccessivamente la situazione o a non entrare troppo nei dettagli poiché ciò potrebbe far crescere in loro un’ansia inutile. I bambini più piccoli potrebbero essere appagati anche soltanto con la spiegazione che a volte i paesi combattono tra loro. È più probabile che i bambini più grandi sappiano cosa significhi la guerra, ma possano comunque trarre sostegno dal parlare con te della situazione. Generalmente, i bambini più grandi sono più preoccupati dai discorsi sulla guerra perché tendono a comprenderne i pericoli meglio dei bambini più piccoli.

3. Dai importanza ai loro sentimenti

È importante che i bambini si sentano supportati nella conversazione. Non dovrebbero sentirsi giudicati e hanno bisogno di sentire che le loro preoccupazioni vengono prese in considerazione. Se i bambini hanno la possibilità di avere una conversazione aperta e onesta su cose che li turbano, possono sentirsi sollevati e più sicuri.

4. Rassicurali che gli adulti di tutto il mondo stanno lavorando duramente per risolvere questo problema.

Ricorda ai bambini che non è loro compito risolvere questo problema. Non dovrebbero sentirsi in colpa di continuare a giocare, di incontrare i loro amici o di fare cose che li rendono felici. Mantieni la calma quando ti approcci alla conversazione. I bambini spesso copiano i sentimenti dei loro caregiver: se sei a disagio per la situazione, è probabile che anche tua/o figlia/o sarà a disagio.

5. Offri loro un modo pratico per aiutarli.

Sostieni i bambini che vogliono dare una mano. I bambini che hanno l’opportunità di aiutare le persone colpite dal conflitto possono sentirsi parte della soluzione. I bambini possono creare raccolte fondi, inviare lettere ai decisori locali o creare disegni che chiedono la pace.

Creare dei momenti in cui si analizzano insieme le notizie: soprattutto, lasciare spazio alle loro domande.

Suggerire libri da leggere sul tema della guerra e della pace: le letture tematiche possono aiutarci ad affrontare questioni delicate soprattutto con i più piccoli, promuovendo una riflessione sul contributo che ognuno di noi può offrire per promuovere la pace.

Dare spazio alle testimonianze dei coetanei: le storie personali hanno sempre un grande impatto sugli adulti così come sui bambini e possono servire anche a comprendere meglio la situazione, sfruttando l’empatia e l’immedesimazione. La narrazione autobiografica può essere molto utile non solo per capire le condizioni dei bambini in guerra, ma anche per conoscere i loro sogni e le loro speranze. 

Utilizzare una storia o un libro illustrato: per parlare di un tema così delicato ai più piccoli, può essere di grande aiuto partire da una storia pensata e creata proprio per loro. E, perché no, anche usare una storia scritta dai bambini stessi.

Il vademecum di Save the Children è un valido strumento di supporto per i genitori e i caregiver. 

Abbiamo approfondito l’argomento con la dottoressa Sabrina Suma, psicologa clinica e psicoterapeuta a Dubai.  

Sabrina Suma psicologa
Sabrina Suma

È giusto parlare ai bambini della guerra?

Direi più che giusto è necessario. Il conflitto in Ucraina che recentemente ha sconvolto gli equilibri internazionali è entrato improvviso e prepotente nella quotidianità di grandi e bambini.

Fare finta di nulla è praticamente impossibile. Le notizie arrivano spesso crude e veloci agli occhi dei bambini e la tecnologia non fa sconti, le immagini scorrono senza filtri gratuite e veloci sul web.

Non dimentichiamo che durante la pandemia l’utilizzo delle piatteforme online è entrato massicciamente nella vita quotidiana di ragazzi e bambini e le immagini forti e traumatizzanti possono irrompere nelle loro vite in qualsiasi momento. Non tenere conto di questo aspetto sarebbe un grande errore.

A suo giudizio, qual è il modo più adatto per affrontare l’argomento con i bambini?

Il modo più giusto passa dall’ascoltare. Mi spiego meglio. Spesso cerchiamo le parole giuste o il momento migliore per dire delle cose difficili, in realtà prima di parlare con i bambini è importante capire di cosa hanno bisogno. 

I bambini, vogliono sapere cosa succede nei fatti? Vogliono sapere se è giusto o normale avere paura? Vogliono sapere se quello che li preoccupa finirà? Oppure vogliono capire se è normale il modo in cui si stanno sentendo?

Ogni bambino ha necessità di essere rassicurato in maniera differente, in base all’età, al carattere, alla personalità. Per esempio, nei bambini più piccoli distinguere ciò che reale da ciò che è immaginario è più difficile.

Per cui è importante affrontare l’argomento solo se ci fanno delle domande precise e dirette, alle quali è bene rispondere a sua volta con degli esempi concreti e semplificati su cosa vuol dire un conflitto, magari facendo l’esempio di un litigio.

Inoltre, è di fondamentale importanza rassicurarli sul fatto che noi ci siamo per proteggerli e che questo momento brutto finirà. 

Nei bambini più grandi, dagli 8 anni in su invece, c’è una necessità diversa di sapere e di essere rassicurati. C’è una voglia fatta più di dettagli, narrazione di fatti e ricerca di significato. Per esempio, del perché c’è la guerra e cosa succederà.

Ci sono bambini che hanno voglia di parlare e altri invece più timidi che tendono a interiorizzare.  

Tutti, in questo momento, hanno bisogno di essere rassicurati e di essere accolti con un lungo abbraccio.

Come approcciarsi con gli adolescenti?

Con gli adolescenti è un po’ più difficile. Le immagini odierne mostrano foto di ragazzi e bambini che impugnano un fucile mentre tengono in bocca un lecca lecca, immagini difficili da dimenticare. 

Loro, per esempio, si immedesimano in maniera diversa. Se da un lato gli adolescenti si preparano ad essere adulti è anche vero che si scoprono fragili e disorientati davanti alla possibilità di un conflitto armato che in determinate circostanze, potrebbe addirittura vederli protagonisti. 

La guerra che di solito vivono virtualmente, in un contesto di gioco come Fortnite, Call of Duty o Black Ops; oppure in un contesto scolastico come tra i banchi di scuola. In questo caso diventa una cosa tangibile, possibile e reale. 

Da una parte se i giovani sono disorientati tendono alla ribellione, prendendo una posizione politica dove prevale la tendenza all’azione e alla rabbia; dall’altra si chiudono spaesati nella paura di un futuro incerto e poco rassicurante, nel tentativo di proteggersi da una realtà che non riescono a tollerare.

L’approccio più utile con gli adolescenti può essere parlare e confrontarsi, senza esprimere però infruttuose e sterili posizioni politiche. 

È più importante cercare di approfondire i fatti mostrandosi accoglienti e cercando di ricordare loro che alcune fasi della nostra vita possono essere difficili o avere poco senso, ma bisogna avere fiducia e pazienza sul fatto che passeranno e che in qualche modo si risolveranno.

Del resto, possiamo fare solo ciò che ci è dato di fare. Ricordiamoci inoltre che nei ragazzi niente è più efficace dello sport, del gruppo e della routine per superare momenti di grande stress.

Quali sono gli strumenti che consentono ai genitori di spiegare la guerra a bambini e adolescenti senza mettere a rischio il loro benessere psico-fisico?

L’ascolto attivo, il sostegno emotivo e il supporto psicologico. Questi sono gli strumenti più importanti. 

Bisogna ascoltare prima di prendere delle iniziative, filtrare i messaggi in base all’età, accogliere sentimenti di ansia e inadeguatezza senza troppa paura, ricordare per esempio ai più piccoli che non è un problema che loro possono risolvere ma che qualcuno ci sta già lavorando. 

Accettare i sentimenti discordanti, utilizzare un linguaggio non verbale congruente e ricordarsi che niente è più rassicurante di un abbraccio. 

Possono essere utili, inoltre, tutte quelle attività che danno la sensazione di non essere passivi spettatori che possono avere un effetto catartico su emozioni invalidanti. 

Ad esempio, partecipare ad una raccolta di fondi, creare dei disegni di pace, scrivere delle letterine da spedire tramite associazioni benefiche.

Promuovere e sostenere iniziative coinvolgendo dove è possibile l’ambito scolastico. 

Quando rivolgersi ad uno specialista?

Quando il bambino ha reazioni esagerate malgrado si trovi in sicurezza ed in una situazione senza nessun pericolo imminente. Ad esempio, quando ci dice che non vuole uscire perché ha paura che può succedere qualcosa. 

Quando ha incubi notturni ricorrenti o ancora se non vuole andare a scuola perché pensa che potrebbe arrivare la guerra da un momento all’altro.

In questo periodo ci sono state famiglie che si sono rivolte a lei per dei consigli?

No. In realtà tutto sta succedendo in un clima di sorpresa incredulità, per cui al momento vince la componente dissociativa con la quale “congeliamo” sentimenti e vissuti di paura e angoscia, nel tentativo di controllarli. Credo che gli effetti si vedranno tra un po’.

Alla luce di quanto detto, qual è il suo messaggio?

Il mio messaggio è lo stesso che ho scritto su un biglietto qualche tempo fa, quando lo studio dove lavoro ha deciso di regalare dei giocattoli ai bambini di Beirut, che dopo il terribile scoppio avvenuto al porto nell’agosto del 2020, non volevano più rientrare in classe.

Il biglietto recita: “A volte bisogna avere coraggio e se non lo troviamo dobbiamo respirare forte e cercarlo in un abbraccio.”

Non restiamo e non lasciamo solo nessuno in questo momento così importante.

Insegniamo e ricordiamo ai nostri figli che le armi più potenti che gli esseri umani hanno rimangono sempre il rispetto e l’amore.