Covid-19: Dallo Spallanzani la conferma, gli anticorpi durano 11 mesi

Ho avuto il Covid. Sono guarito. Ora, per quanto tempo sarò protetto, se lo sarò, da una eventuale reinfezione? A queste domande la scienza sta provando da mesi a trovare una risposta. L'ultima è arrivata con una ricerca realizzata dal laboratorio di virologia dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.

durata anticorpi

Gli anticorpi neutralizzanti sviluppati dall’organismo umano dopo l’infezione ad opera del virus SarsCov2 sono ancora presenti a livelli consistenti anche a distanza di undici mesi dall’infezione. Un dato importantissimo dal punto di vista epidemiologico, perchè avalla l’ipotesi che la durata della protezione data dall’infezione naturale e dai vaccini possa andare ben oltre gli otto-dieci mesi sino ad oggi teorizzati dagli studi sull’argomento. La conferma arriva da una ricerca realizzata dall’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e pubblicata sulla rivista “Viruses.

Nello studio dello Spallanzani sono stati analizzati tra febbraio 2020 e gennaio 2021 763 campioni di siero da 662 pazienti Covid-19, prelevati durante il ricovero o nel corso dei controlli di follow up o degli screening per potenziali donazioni di plasma immune, una volta superata l’infezione.

RISULTATI DELLA RICERCA

Ciò che è emerso è che nelle persone con più di 60 anni i livelli (o titoli) di anticorpi neutralizzanti sono più alti e sono ancora più elevati se la malattia si è manifestata con sintomi respiratori gravi, in particolare nei pazienti con la cosiddetta ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome).

Il dato più importante e significativo è sicuramente la conferma che la maggior parte dei pazienti seguiti per almeno sei mesi e per un massimo di undici ha mantenuto un consistente livello di anticorpi neutralizzanti. Nel 60% circa dei casi, dopo un picco raggiunto tra uno e due mesi dopo l’infezione, gli anticorpi neutralizzanti hanno subito un lieve calo tra i due e i tre mesi, e successivamente sono rimasti stabili fino a undici mesi dopo l’infezione. Nel 24% dei casi si è visto un trend di discesa continua, ma sono sempre stati rilevati. Infine, nel 15% circa dei casi, gli anticorpi neutralizzanti hanno evidenziato un trend opposto: sono incrementati per tutta la durata del periodo di osservazione.

Secondo quanto affermato da Giulia Matusali e Francesca Colavita, due delle autrici dello studio, “La sieroneutralizzazione, anche se complessa ed impegnativa in termini di tempo richiesto e competenze degli operatori, rimane lo strumento di riferimento per la valutazione dell’immunità anticorpo-mediata dopo l’infezione da SarsCov2. Utilizzando algoritmi di test intelligenti siamo riusciti ad ottimizzare il flusso di lavoro del laboratorio per monitorare la protezione anticorpo-mediata nei pazienti Covid-19, nei donatori di plasma e negli individui vaccinati”.

La ricerca conferma la stretta collaborazione portata avanti dall’INMI tra l’attività di laboratorio e l’attività clinica, anche con il follow-up dei pazienti dopo la fase acuta dell’infezione. Come ha sottolineato Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del laboratorio di virologia dell’INMI (nota per aver isolato il virus Sars-CoV-2, n.d.r) “mentre i medici seguono i pazienti nel percorso successivo all’infezione, i loro campioni biologici ci aiutano a capire meglio la risposta del nostro organismo all’infezione e ad elaborare nuove ipotesi sull’evoluzione della malattia e sulla durata della protezione garantita dall’infezione naturale o dai vaccini, in un circolo virtuoso che mette sempre al centro il paziente e le cure”. 

Poche settimane fa un altro studio, in valutazione per la pubblicazione sulla rivista “Nature” e condotto a Vo’ Euganeo, in Veneto, il primo paese, insieme a Codogno, a conoscere il Covid in Italia, aveva dimostrato come chi tra i guariti della prima ondata era stato esposto in modo diretto nel corso della seconda ondata al Covid-19 non si era ammalato nuovamente. E questo senza sostanziali differenze nel titolo anticorpale tra sintomatici e asintomatici e neppure tra classi d’età, come confermato da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova che ha collaborato in questo studio con i ricercatori dell’Imperial College di Londra.  

La conferma di una protezione duratura sicuramente è una buona notizia per i guariti, ma anche per i governi che in queste settimane stanno organizzando pass, riaperture e spostamenti dei loro cittadini nella massima sicurezza.

Non solo: è una ulteriore conferma dell’ipotesi di vaccinare i guariti con una sola dose: se l’infezione innesta il sistema immunitario,una sola dose di vaccino può essere sufficiente per potenziare la risposta. E non è un aiuto da poco per la campagna vaccinale che tutto il mondo sta portando avanti. 

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