L’Italia è al 7° posto nelle classifiche mondiali per numero di pubblicazioni scientifiche e di ricerca, nonché all’8° posto per la qualità di queste pubblicazioni. Scienza e ricerca sono componenti strategiche della proiezione dell’Italia e i ricercatori italiani all’estero, con il loro lavoro, contribuiscono non solo ad espandere la frontiera del sapere umano, ma anche a testimoniare nel mondo il valore dell’alta formazione del nostro Paese. Lo rende noto Innovitalia, il portale della Farnesina dedicato alla diplomazia scientifica, in occasione della Giornata della ricerca italiana nel mondo 2021.

Il 15 aprile, data che ricorda la nascita di Leonardo da Vinci, si celebra il lavoro dei ricercatori e accademici italiani all’estero, “una giornata – si legge nella nota – nata per ringraziarli e per dare loro una visibile prova che il Paese, pur lontano, è loro vicino. Assieme a loro puntiamo – si legge nella nota – a trasmettere un forte messaggio al mondo di un’Italia portatrice di scienza, tecnologia e innovazione. Un’occasione per testimoniare il valore un’Italia portatrice di scienza, tecnologia e innovazione nel mondo”.

Quanti sono i ricercatori italiani nel mondo?
Secondo un sondaggio informale – riportato da Innovitalia – tra le diverse sedi diplomatiche sono più di 33mila ricercatori italiani nel mondo. La maggior parte è presente negli Stati Uniti, dove è stimato lavorino più di 15.000 ricercatori italiani. A seguire con circa 6000 ricercatori il Regno Unito e con circa 3500 la Francia e la Germania. Altrettanti nella penisola iberica. Quelli più lontani dalla madrepatria sono 500 in Australia; 100 in Singapore, 150 in Giappone, 50 in Cina e 120 in Sudafrica.
Dunque, sono tanti i ricercatori italiani che svolgono la professione all’estero.
Da cosa nasce questa scelta?
“La scelta di trasferirmi in Germania è stata in parte casuale. Terminati gli studi volevo intraprendere una carriera accademica e l’esperienza all’estero era un requisito importante. Galeotta fu la rivista scientifica Nature, è li che trovai un annuncio per un posto all’Università di Heidelberg, città della Germania sud-orientale”. Ha detto Luca Simeoni, professore di immunologia presso l’Università di Magdeburgo e group leader sull’attivazione dei linfociti T fondamentali per la risposta immunitaria.

Luca Simeoni, classe 1968, è nato a Valmontone, un paese alle porte di Roma e dopo una laurea in Biologia Molecolare e un Dottorato di ricerca in Biologia Umana, conseguiti presso il Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia del Policlinico Umberto I di Roma, nel settembre del 2000 si è trasferito in Germania. “All’inizio ero un po’ scettico – ha raccontato – perché contemporaneamente si era aperta anche una posizione a Parigi. Allo stesso tempo però ero molto affascinato dal progetto tedesco sui topi Knockout per delle molecole che avevano una funzione importante nel sistema immunitario. Non volevo perdere tempo e soprattutto quel treno che mi avrebbe portato ad intraprendere un viaggio molto interessante sia dal punto di vista lavorativo che personale. Nel luglio del 2000 ho sostenuto il colloquio con l’Università di Heidelberg e a settembre mi sono trasferito. Dopo 6 mesi dal mio arrivo in territorio tedesco il ricercatore che mi aveva selezionato diventò professore a Magdeburgo e mi chiese di seguirlo”.
Da 4 anni Luca Simeoni è Professore di Immunologia alla Facoltà di Medicina dell’Università di Magdeburgo, capitale dello stato federale Sassonia-Anhalt. Sempre nello stesso ateneo è group leader per la ricerca sull’attivazione dei linfociti T fondamentali per la risposta immunitaria.
Il prof. Simeoni a marzo dello scorso anno ha rilasciato una video intervista sulla risposta immunitaria contro il covid-19 e sulla sua esperienza da italiano all’estero in epoca di pandemia.