Coronavirus (2019-ncov): L’origine dell’epidemia è un “salto di specie”

L’origine della trasmissione del nuovo Coronavirus, l’infezione responsabile dell’epidemia di polmonite scoppiata in Cina. Ne parliamo con il dott. Fabrizio Facchini, pneumolgo italiano a Dubai.

La malattia respiratoria acuta 2019-nCoV (2019-nCoV acute respiratory disease è il nome provvisiorio dato al virus dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dove “n” sta per nuovo e “CoV” per coronavirus, n.d.r.) oltre a provocare vittime e numerosi contagi in Cina, si sta diffondendo anche in altri Paesi del mondo, tra cui l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti.

Per l’OMS è emergenza sanitaria internazionale e raccomanda a tutti i Paesi di rafforzare la sorveglianza in linea con i regolamenti sanitari internazionali (2005) per le infezioni respiratorie e comunicare all’Organizzazione stessa qualsiasi caso sospetto o confermato di infezione da nuovo coronavirus.

Qual è l’origine della trasmissione del virus cinese 2019-nCoV? 

E’ animale e ha colpito l’uomo attraverso una mutazione genetica. Si tratta, come viene definito in virologia, di salto di specie”.

Le parole del Dott. Fabrizio Facchini, specialista in pneumatologia e Direttore del Dipartimento di Pneumologia presso un ospedale poli-specialistico semi-governativo e centro di ricerca a Dubai.

Dr. Fabrizio Facchini

“Il primo indizio sull’origine del contagio – ha spiegato – è emerso da uno studio epidemiologico, pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine, che ha rilevato che il 55% dei casi contagiati nel 2019 era in qualche modo entrato in contatto con il mercato all’ingrosso del pesce di Wuhan, città focolaio dell’epidemia, chiuso dalle autorità cinesi per disinfestazione il 01 gennaio 2020. Grazie al pronto rilascio delle autoritá cinesi delle sequenze genomiche del virus, liberamente disponibili anche sul sito Global Initiative on Sharing All Influenza Data (GISAID), uno studio Italiano ha effettuato una valutazione genetica dell’origine del virus concludendo che si tratta di una mutazione delle glicoproteine di superficie del virus simil SARS originario dei pipistrelli (Journal of Medical Virology ). Un’altra fonte di possibile origine della infezione sono i serpenti. Anche questi animali sono presenti nei mercati cinesi, quindi anche questa ipotesi é plausibile, ma é da verificare con l’isolamento dell’infezione negli animali medesimi”.

Con il nuovo coronavirus sono cinque i virus, tre dei quali appartenenti proprio alla famiglia dei coronavirus, che in 16 anni hanno fatto il “salto di specie” da animale a animale e poi all’uomo. La prima mutazione del coronavirus che ha portato alla Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS, Severe Acute Respiratory Syndrome) è stata nel 2003, infezione trasmessa dai pipistrelli agli zibetti e poi all’uomo. Succesivamente é stata identificata un’altra epidemia di infezione respiratoria da Coronavirus, la Sindrome Respiratoria del Medio Oriente (MERS, Middle East Respiratory Syndrome) trasmessa all’uomo da dromedari e cammelli.

Dott. Facchini, a cosa sono legati questi fenomeni di mutazione?

I virus mutano per loro natura, le mutazioni si verificano anche nel genoma umano, ma le mutazioni di virus e batteri si verificano con piú frequenza per il loro elevato numero. É un fenomeno biologico assolutamente normale intrinseco nella evoluzione di tutti gli esseri viventi: microbi, piante, funghi o animali che essi siano. Rimango perplesso sul fascino che hanno su molte persone le teorie complottiste su un’origine militare o aliena di questi fenomeni naturali.

Quali sono i criteri di contenimento

L’Organizzazione Mondiale della Sanitá ha stabilito giá da tempo criteri di contenimento delle infezioni interumane da Coronavirus e ha dato indicazioni specifiche anche per questo caso di epidemia. Tuttavia, anche se la mortalitá di questo nuovo Coronavirus é piú bassa delle due precedenti epidemie da coronavirus da infezione interumana, la sua contagiositá sembra molto maggiore. Infatti i casi accertati di 2019-nCoV hanno giá di gran lunga superato i casi di MERS e in poche settimane casi documentati di infezione da SARS.

Da cosa è dovuta la maggiore contagiosità di questa epidemia rispetto alle precedenti?

Il periodo di incubazione medio del nuovo Coronavirus é di 5,2 giorni, ma il 95 percentile, ossia il periodo entro il quale il 95% dei contagiati ha manifestato i suoi sintomi é di 12,5 giorni. Il tempo di duplicazione del contagio é stato sinora di 7,4 giorni . Considerato che la contagiositá potrebbe essere presente anche durante il periodo di incubazione, e che il periodo di incubazione senza alcun sintomo puó arrivare a 2 settimane, é evidente la potenziale difficoltá di ostacolare il contagio.

Quindi il contagio può avvenire anche in assenza di sintomi? 

Si, ma non si hanno ancora dati precisi, gli epidemiologi sono al lavoro. Con ogni probabilitá la contagiositá durante il periodo di incubazione é bassa o molto bassa, per poi aumentare quando si manifestano i primi sintomi. 

Quali sono i sintomi?

I sintomi piu’ comuni sono la tosse e la febbre, piú precisamente: febbre nel 65%; fatica a respirare 55%; tosse 53%; dolori muscolari e/o fatica 44%; catarro 28%; cefalea/mal di testa 8%; tosse con sangue 5% e diarrea 3%. Inoltre la linfocitopenia, ossia un ridotto numero di cellule bianche linfocitarie e quindi una ridotta capacitá immunitaria si é osservata in piú del 60% dei pazienti. La presentazione clinica piú comune é la polmonite che puó successivamente aggravarsi com sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS, Acute Respiratory Distress Syndrome) e altre complicanze gravi come l’insufficienza renale o cardiaca.

Chi sono soggetti più a rischio?

Come per molte malattie infettive gravi debilitanti, il virus ha una letalitá piú elevata negli anziani e nei soggetti con malattie croniche. Anche se non si hanno dati rilevanti a riguardo, probabilmente anche la popolazione pediatrica deve essere considerata a rischio.

Le raccomandazioni standard dell’OMS per prevenire la diffusione dell’infezione includono il lavaggio regolare delle mani, il copertura della bocca e del naso durante la tosse e gli starnuti, la cottura accurata di carne e uova. Evitare uno stretto contatto con chiunque mostri sintomi.

Dott. Facchini, queste raccomandazioni comportamentali sono efficaci per impedire la diffusione dell’infezione? 

Se applicate in modo corretto le indicazioni dell’OMS sono efficaci, tuttavia rimane il nodo della contagiositá prima della individuazione clinica e della mancata e corretta applicazione delle indicazioni. Sono state trasmesse immagini da ospedali in Cina dove il personale sanitario, pur vestito di tutto punto e con visiera, indossava mascherine completamente inadeguate per proteggersi da un’infezione respiratoria.

A propostito di mascherine, sono uno strumento di prevenzione efficace o no? 

Dipende dalla mascherina: quella chirurgica che va per la maggiore puó filtrare sino al 60% delle particelle sospese nell’aria. Pur essendo piú efficace di un fazzoletto, che ne filtra dal 10 al 30%, rimane comunque inadeguata in tema di protezione. In termini di prevenzione si puó certamente utilizzare una maschera con caratteristiche di filtraggio del 95% (FP2 o N95), se invece si è in contatto con persone infette o personale sanitario si devono utilizzare protezioni piú elevate con capacitá di filtraggio del 98 (FP3, N98) o 100% (N100). Va detto che le mascherine devono anche essere indossate tutto il giorno e in modo corretto e quelle con fessure laterali servono a ben poco. Ma la questione è un’altra: che senso ha indossare mascherine, spesso inadeguate, se i casi nel Paese di residenza si limitano ad alcune persone arrivate dalla Cina e subito isolate?

Per combattere il conoravirus 2019-nCov, 5 aziende, tra le quali una italiana, si sono messe al lavoro per realizzare un vaccino non classico ma basato sull’informazione contenuta nel materiale genetico del virus. Anthony Fauci, direttore dell’Istituto americano per le malattie infettive (Niaid) dei National Institutes for Health (Nih) ha annunciato che “Abbiamo già cominciato, insieme con diversi nostri collaboratori. Si tratta di un processo lungo e che presenta incertezze, ma stiamo procedendo come se si dovesse produrre un vaccino”

Secondo lei è possibile sviluppare e mettere a disposizione un vaccino in poco tempo?

Non mi risulta che siano stati sviluppati vaccini efficaci per la SARS e per la MERS. Anche se la tecnologia di sviluppo dei vaccini si sta rapidamente evolvendo e i tempi di sviluppo si stanno drasticamente riducendo non mi aspetto tempi cosí brevi da divenire disponibile nell’arco di mesi. Con ció non voglio dire che non debbano essere utilizzate tutte le risorse necessarie per raggiungere questo auspicabile obiettivo. I vaccini addestrano il nostro complesso sistema immunitario e se sviluppati potrebbero essere la nostra arma piú efficace per difenderci dall’infezione di questi virus

Qual è attualmente il trattamento per ridurre l’impatto dell’infezione?

Non essendoci una terapia con provata efficacia, la raccomandazione é di terapia di supporto agli organi compromessi dalla infezione. Non si parte tuttavia da zero e come negli altri casi di patologia grave da coronavirus esiste un trattamento che, pur non avendo dati clinici di supporto di provata efficia, in laboratorio hanno mostrato una azione che potrebbe ridurre l‘impatto clinico delle infezioni. La terapia che viene prescritta in questi casi é multifarmacologica e consiste in una combinazione dell’antivirale Ribavirina associata a Interferone (alfa2b o beta2) e ad un secondo antivirale come il Lopinavir o Ritonavir.

Quanto è pericoloso il nuovo Coronavirus?

La pericolositá del virus sta nel rischio potenziale di contagio universale. Se un virus letale non é capace di diffondersi i deceduti per quella determinata malattia nel mondo saranno molto pochi, ma se la pandemia, ossia rischio potenziale di contagio universale, dovesse realizzarsi anche con una mortalitá non elevatissima come quella del nuovo Coronavirus provocherebbe un numero elevatissimo di morti fra la popolazione mondiale. Rischio pondemico non significa che il contagio si verificherà perché oltre alle misure di contenimento influiscono altri fattori. Tuttavia le stime statistiche danno uno scenario molto piú pericoloso di quello disegnato dai casi accertati in laboratorio. Lo conferma uno studio pubblicato sul prestigioso giornale scientifico The Lancet 

In conclusione: attenzione sì, ma niente panico?

Grande attenzione, ma niente panico. La mortalitá di questo virus é del 2,4%, è sicuramente inferiore a virus simili come quello della SARS 10%, MERS 35%, e di gran lunga inferiore a quella di altri virus molto piú letali, anch’essi con riserva nel modo animale, come quella del virus Ebola 90% ed é paragonabile alla mortalitá registrata dall’iniziale diffusione del virus dell’influenza H1N1.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here